Heroes del Silencio - Senderos de traicion [1990]

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Asgeir Mickelson
00mercoledì 14 giugno 2006 13:40
Artista: Heroes del Silencio
Album: Senderos de traicion
Anno: 1990
Genere: Rock
Etichetta: EMI
Sito ufficiale: www.universoheroes.com






Musicisti:
Pedro Andreu: batteria
Joacquin Cardiel: basso; cori
Juan Valdivia: chitarre
Enrique Bunbury: voce; chitarra acustica


Lista tracce:
01. Entre Dos Tierras [06:12]
02. Maldito Duende [04:19]
03. La Carta [03:04]
04. Malas Intenciones [03:50]
05. Sal [00:20]
06. Senda [03:59]
07. Hechizo [04:31]
08. Oración [04:05]
09. Despertar [02:48]
10. Decadencia [04:10]
11. Con Nombre de Guerra [04:14]
12. El Cuadro II [04:03]

Tempo totale: 45:33

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Un gruppo che ha riscosso un successo quasi sconfinato in Spagna, loro paese natale, e in America Latina ma ignorati nel resto del mondo.
Nati nel 1984 a Saragoza, per molto tempo frequentano locali spagnoli e compiono incursioni nel continente sudamericano ed lì che raccolgono i frutti del loro lavoro.
Secondo album, uscito nel 1990, questo "Senderos de traicion" è considerato il loro apice compositivo.

Formazione classica a 4 (basso, batteria, voce, chitarra) per un rock deciso, con la chitarra che crea tutte le melodie, una sezione ritmica quadrata e precisa ed una voce che si adatta alle esigenze sonore, insomma il prototipo della rockband.
Il disco ha i testi totalmente in lingua madre, interpretati da un cantante indubbiamente valido e consapevole del suo ruolo, ossia essere il frontman di una band che aspira ad essere famosa ma rimane a metà strada.
Bunbury è l'elemento migliore dei quattro, sfoderando una voce con il vago sapore di baritono, leggermente cavernosa ma rocciosa e potente al punto giusto.
Nonostante qualche piccolo "ritocco" in studio, è lui ad offrire la miglior prova tra i quattro, mentre il resto del gruppo si limita a "suonare", quindi nessuna esagerazione tecnica, un lavoro ordinario, una tipica impostazione rock, canzoni senza fronzoli ma che rimangono impresse, purtroppo manca un guizzo geniale che sarebbe la ciliegina.

Due ballad fanno capolino nella seconda parte del disco.
Oración inizia lentamente, con gli strumenti che creano un'atmosfera di adagio ma, a metà canzone, si sveglia Valdivia fino ad allora in veste di accompagnatore, rompe gli schemi suonando un assolo che cambia il destino della canzone che, difatti, finirà con un tono più ruggente tra le urla del cantante.
E' in questa canzone che ascoltiamo la chitarra acustica suonata da Bunbury.
Con Nombre de Guerra è il secondo lento ma a differenza del primo, questo inizia e finisce allo stesso modo e anche qui ascoltiamo in sottofondo le 6 corde acustiche.
Da segnalare in quest'ultima un lungo assolo della chitarra elettrica, poco dopo metà composizione: inizia con un dialogo tra due elettriche (una sovraincisione effettuata in sala di registrazione) per continuare con il solo Valdivia.

Se dovessimo indicare i possibili singoli, sicuramente non ci scorderemo della prima traccia.
Entre Dos Tierras è trascinante ed è l'esempio perfetto per far capire il suono del gruppo.
Uso continuo del delay sulla chitarra; giri tutto sommato semplici; un basso che fa il suo lavoro e che esegue un 4/4 continuo; il charleston utilizzato quasi come piatto principale della batteria, mentre si ascolta qualche nota fantasma quà e la; una voce che svetta sugli strumenti, aiutandosi di effetti quali eco e riverbero.
La canzone è rock, senza mezzi termini: un assolo centrale di chitarra con effetti assortiti, il drum-set che picchia di continuo, il ritmo è veloce e le distorsioni si fanno sentire.

Decadencia potrebbere essere il secondo estratto.
Dopo un breve arpeggio di chitarra (le melodie sono sempre affidate alla 6 corde di Valdivia, come rock insegna), la canzone entra nel vivo con grinta.
La canzone è diretta e lo schema sembra simile a Entre Dos Tierras, ma a metà c'è un brevissimo assolo di Cardiel che prepara la scena per la 6 corde poco prima di terminare la canzone.

Tra tutti questi suoni elettrici, c'è sorpresa ad ascoltare un clavicembalo (si, proprio lo strumento del XVII° e XVIII° secolo) aprire El Cuadro II.
Poche note iniziali in solitudine (forse una canzone popolare spagnola o chissà, non è dato saperne di più), poi viene investito dalle solite note della chitarra e del resto del gruppo.
Ma il clavicembalo non si da per vinto e riemerge ogni tanto, mischiandosi con il resto della band.
In questa canzone, la chitarra suona un continuo arpeggio e non il classico giro grintoso, quasi a sottolineare il tono un pò soffuso del brano.

Il lavoro complessivo è buono.
Come abbiamo già avuto modo di affermare, il gruppo non è dotato tecnicamente, non ha un vero e proprio guizzo geniale, gli arrangiamenti provengono dal rock più classico, non emerge insomma una particolare fantasia nella scrittura compositiva, ma le melodie entrano facilmente in testa e faticano ad uscirne.
Un disco normalmente rock (nel senso della struttura delle tracce) di cui si può approfondire la conoscenza.
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