REATO MINORE O UN VERO E PROPRIO CRIMINE?

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INES TABUSSO
00lunedì 21 agosto 2006 20:31


"Un ministro dell’Interno viene messo in difficoltà dall’indulto non tanto perché vengono liberati autori di reati peraltro minori, che comunque sarebbero usciti, quanto perché escono tutti insieme. E’ questo il problema".
(Giuliano Amato, ministro dell'Interno, La Stampa, 6 agosto 2006)



"Quella di ieri non è solo una tragedia, ma un vero e proprio crimine. E se i crimini non riusciamo a punirli, si ripetono. E si ripetono anche le tragedie. Confido perciò che la magistratura dedicherà alla ricerca dei responsabili lo stesso impegno interno e internazionale che giustamente dedica a reati meno gravi di questo".
(Giuliano Amato, ministro dell'Interno, a proposito del dramma dei clandestini morti a Lampedusa, Roma, 20 agosto 2006)



"La regina dei mercanti di schiavi Ganet Tewide Bahare, meglio nota come «Madame Gennet», è uscita dal carcere grazie all'indulto. Fu accusata di gestire il traffico di immigrati in partenza dalla Libia, in particolare dal porto di Al Zuwarah, lo stesso da cui sarebbe partito il barcone naufragato a sud di Lampedusa tra venerdì e sabato".
(Il Giornale, 21 agosto 2006)




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Ministero dell'Interno, Intervento del Ministro, Data: 21/02/2004:

"MI RALLEGRO VIVAMENTE CON LA POLIZIA DI STATO PER LA BRILLANTE OPERAZIONE CHE HA PORTATO ALL’ESTRADIZIONE DI “MADAME GENNET”.
LA COLLABORAZIONE TRA L’ITALIA E LA LIBIA CONTINUA A DARE BUONI FRUTTI, SPECIALMENTE NEL CONTRASTO ALLE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI CHE SFRUTTANO SPIETATAMENTE L’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA ED IL TRAFFICO DI ESSERI UMANI DALL’AREA SUB-SAHARIANA E DAL CORNO D’AFRICA VERSO L’ITALIA E L’EUROPA.
“MADAME GENNET” POTREBBE DARE UN CONTRIBUTO IMPORTANTE ALLA CONOSCENZA DI QUESTE ATTIVITÀ DISUMANE, RISCATTANDOSI DA MOLTE COLPE E MERITANDO LA DOVUTA CONSIDERAZIONE".




IL GIORNALE
21 agosto 2006
Madame Gennet regina degli scafisti fuori per indulto
- di Redazione -

La regina dei mercanti di schiavi Ganet Tewide Bahare, meglio nota come «Madame Gennet», è uscita dal carcere grazie all'indulto. La donna eritrea, di 33 anni, era in prigione ad Agrigento da due anni e sei mesi e doveva rimanervi altri due anni e otto mesi. Fu accusata di gestire il traffico di immigrati in partenza dalla Libia, in particolare dal porto di Al Zuwarah, lo stesso da cui sarebbe partito il barcone naufragato a sud di Lampedusa tra venerdì e sabato.
Giovane, intraprendente, una che non ha paura di nulla. Il ritratto di Madame Gennet è tutto nelle pagine dei fascicoli del processo che la portò in carcere: una donna da modi spicci e piglio fiero. Secondo gli investigatori, sapeva trattare alla pari con i criminali del racket, con gli scafisti, con gli intermediari egiziani, con sfruttatori e truffatori, il milieu dei «mercanti di schiavi» che affolla i porti libici, senza mai tirarsi indietro. All'epoca dell'arresto la sua fama era stata enorme, quasi leggendaria in tutto il continente africano ed anche oltre. Perché Madame Gennet aveva sempre avuto una dote speciale: saper gestire con equilibrio il suo ruolo di procacciatrice di affari, in un mondo dove non puoi certo mostrare debolezze, ma non devi neppure pestare i piedi a chi è più forte di te.
Sui tavolini del piccolo bar tra i vicoli del porto di Zuwarah, una striscia di deserto affacciata sul mare al confine tra Libia e Tunisia, Madame Gennet ha gestito per lungo tempo i suoi lucrosi affari, imponendo ai clienti, provenienti dai più remoti paesi africani, le regole ferree dell'organizzazione: soldi subito e bocca cucita. Gli investigatori le hanno attribuito l'organizzazione di almeno due traversate, per un totale di circa trecento persone, sbarcate sulle coste siciliane nell'estate del 2003. A lei senza troppe parole, bisognava rivolgersi solo con i soldi in mano, 750 dollari a testa, poi diventati 1000, ed anche 1200. A Zuwarah, nel bar del principale porto di imbarco utilizzato dai mercanti di schiavi, lei li incontrava tutti, uomini e donne, vecchi e bambini, con le banconote infagottate sotto i vestiti, con poco cibo racimolato per il viaggio, con la voglia di andarsene a tutti i costi. Nella base operativa di Madame Gennet, controllata a quanto pare da boss di Sfax e di Capo Bon, con complici locali e ramificazioni in tutti i paesi del centro Africa che gestiscono i viaggi via terra, Madame Gennet si comportava come una regina: incassava le somme, assicurava il posto sui barconi, e poi spariva. La leggenda dice che la regina portava i soldi al suo signore, il misterioso trafficante, mai identificato, con il quale avrebbe avuto una relazione sentimentale.





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